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Archive for the ‘infinito’ Category

Un autore russo del Novecento, nel suo testamento spirituale, scriveva: “Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell’animo, guardate le stelle o l’azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, … intrattenetevi … col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete”

(N. Valentini – L. Žák [a cura], Pavel A. Florenskij. Non dimenticatemi. Le lettere dal gulag del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Milano 2000, p. 418)

Benedetto XVI, Regina caeli del 16 maggio 2010

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Guardate Rebora, guardate un uomo che non si censura, che domanda e lotta per le sue domande.
Si lotta per tutto oggi, a chi lotta ancora per le sue domande?
Rebora in questa e in molte altre poesie chiede, cerca: assimila e riedita Leopardi, “…a che tante facelle?”

Cielo per albe e meriggi e tramonti
L’aerato seren tu puoi ondare 1
O di nuvole e vento
Errabonde fanfare
O per gli ampliati interluni2
Il bruno lucente mistero
O nell’aroma lunare
(Quando tutto ama e perdona)
Il silenzio sospeso portare;
Ma qui fra nebbie andiamo, e a chi non vede
Sterile nulla è il cielo:
Ma qui, anelo, ciascun dalle piazze alle case
Per l’imminente pungolo
Del travaglio si sfa;
Nell’ostia insapora del còmpito uguale,
Ingoia evacua pane e verità,
Rumina l’ozio, aduna i suoi cocci
Nel simular delle sale,
E stanco infogna giù piaceri e sonni.

Sortilegio del tempo
Al nuovo altar delle genti, o città
Che mescoli un mondo
Fra Penelope e i Proci,
Dall’irrequieta parvenza
Dall’incessante partenza
Chi può giungere a te?
Chi può la voce ascoltare
Del prodigioso essere
E propiziare le cose?
Come alla notte senti
La vanità del tuo sforzo,
Se per i fiori davi pietre e fumo
Per aroma, e schianto ai cuori?
Umana industria sacra,
Nel vortice m’esalto della lotta
Che lusinga e s’indraca3
E concrea e distrugge;
Ma come dal fermaglio della scotta4
Più veemente vela al vento fugge,
Vorrei così che l’anima spaziasse
Dall’urto incatenato del cimento.
Se l’uom tra bara e culla
Si perpetua, e le sue croci
Son legno di un tronco immortale
E le sue tende frale germoglio
D’inesausto rigoglio,
Questo è cieco destin che si trastulla?
Se van dall’universo eterne voci
E dagli àtomi ai soli si marita
Fra glorie ardenti e tenebrosi falli
Una grandezza infinita
Che lo spirito intende,
Questo è per nulla?

O risuonar delle valli
Dove lancia il torrente
A galoppo i cavalli
Del suo corso irrompente
Il grido delle macchine e dei lucri
Sul tuo bàttito avvia
E per le anime sia la tua fresca corrente!

Note

Note
1) Ondare: inondare
2) Interluni: dell’interlunio cfr: pe’ grandi interlunari/silenzi (G. D’Annunzio – “Pamphila”)
Interlunio: periodo tra due lunazioni, corrisponde al novilunio in cui la luna è invisibile in quanto in congiunzione col sole
3) Indraca: (neologismo dantesco) che diventa feroce come un drago
4) Scotta: termine marinaresco che designa una cima, ovvero una corda, che consente di bordare (orientare) una vela

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scontro-a-argonaux1Sembrano così lontani questi autori moderni, sembrano così sofisticati, superficiali, eccentrici.
Ma se anche stavolta togliamo la patina di pregiudizi scopriamo la grandezza di uomini che si son messi a osservare la realtà fino ad amarla. Amore spasmodico che per esaltare la realtà, per svelarne il mistero che nasconde prendono gli oggetti e li mettono in cielo. Perchè? perchè son pittori niente più, dato che il loro lavoro è questo non si mettono a fare delle pipe, ma le disegnano. Giocano? Sì giocano con il senso delle parole con le figure con le parole tutto per farci sembrare e apprezzare ciò che in fondo scontato non è.
Vediamo quindi dei paesaggi tracciati a metà, delle porte tagliate, dei sipari che si aprono su un paesaggio notturno, ma perchè? Perchè per esaltare gli oggetti, ciò che amavano, hanno dovuto trovare un modo che superasse la banalità sotto cui si mettono le cose. Scoprire che “il mistero è banale” perchè ci sta sotto gli occhi. Perche? Perche per star a guardare un’opera surreale come quelle di Le tombeau des lutteursMagritte non si può non chiedersi perchè. Perchè siamo talmente, per fortuna, legati alla nostra ragione che non ne prescindiamo anche quando ci è posto di fronte qualcosa di illogico. E’ un percorso che ci si trova a fare. E’ una scoperta fino alla scoperta che noi possiamo capire qualcosa anche quando questa cosa ci è tolta. Che l’illogicità ci fa apprezzare di più la consistenza delle cose, di cosa sono fatte, quanto pesano. Fino a capire che in fondo quello che ti colpisce di un luna che si intravede tra gli alberi è che la luna la vorresti vedere anzi che “se si vedesse la luna allora tutto avrebbe un senso”.
Il senso delle cose per Magritte è a portata di mano, basta poco.
Io sono alla ricerca di questo infinito che si respira tra i quadri di Magritte come nella mia piccola casa.

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